La nostra specialità: i vostri diritti
Avvocato franco-italiano, foro di Marsiglia
Desiderate essere consigliati in materia di diritto di famiglia? L’avvocato LENDO vi consiglia in materia di liquidazione dei regimi matrimoniali.
Al di fuori dei casi in cui la liquidazione degli interessi economici dei coniugi sia già intervenuta nel quadro di una procedura di divorzio consensuale, o nel quadro di un accordo che i coniugi hanno sottoposto a omologazione da parte del giudice, occorrerà, una volta ottenuta la sentenza di divorzio, liquidare tutti gli interessi finanziari che i coniugi avevano in comune.
Quest’operazione differisce a seconda del regime matrimoniale che i coniugi avevano scelto.
I coniugi che non hanno effettuato una scelta particolare in occasione del matrimonio, sono sottoposti al regime della comunione dei beni. Pertanto, quello che acquisiscono durante il matrimonio appartiene a ciascuno in ragione della metà, tutti i debiti contratti durante il matrimonio sono ugualmente sostenuti da ciascuno dei due in ragione della metà.
Tuttavia, numerose regole permettono di relativizzare questa ripartizione per metà, in particolare l’applicazione delle regole che riguardano le ricompense.
Per esempio, prendiamo il caso di una moglie che abbia ricevuto un appartamento in eredità e che abbia rivenduto il bene immobile, investendo il ricavato per effettuare dei lavori di abbellimento presso il domicilio coniugale: in occasione della liquidazione, la moglie avrà diritto ad una ricompensa uguale al totale delle somme impiegate per i lavori.
Molte coppie, sposate sotto il regime della separazione dei beni, operano durante il matrimonio come le coppie sposate sotto il regime della comunione: fanno l’acquisizione di un bene immobile in ragione della metà ciascuno, contrattano dei prestiti insieme…
Anche se sono sposati sotto il regime della separazione dei beni, bisognerà comunque procedere alla liquidazione degli interessi patrimoniali comuni. Una volta pronunciato il divorzio, in presenza di un bene immobile, gli ex coniugi (o uno dei due) chiederanno al loro avvocato e ad un notaio di procedere alla liquidazione del regime matrimoniale.
In presenza di un accordo, non è necessario agire in giustizia. Se non vi è accordo, sarà necessario rivolgersi al giudice per ottenere la liquidazione del regime matrimoniale. Occorrerà, però fornire la prova al giudice delle avvenute negoziazioni e dell’esito negativo di queste ultime.
In pratica, questa prova si fornisce attraverso la redazione da parte del notaio di:
Prima di pronunciare la sentenza, e in caso di necessità, il giudice può nominare un perito o un notaio che avrà come missione quella di valutare il patrimonio da dividere.
Per conoscere la data a partire dalla quale si producono gli effetti del divorzio, bisogna distinguere la procedura di divorzio consensuale dalle altre.
In linea di principio il divorzio produce effetti alla data di deposito della convenzione nel registro delle minute del notaio. Tuttavia, la convenzione può prevedere un’altra data. I coniugi, infatti, possono scegliere liberamente una data di dissoluzione degli effetti del matrimonio.
La data a partire dalla quale si producono gli effetti del divorzio tra i coniugi è quella in cui viene emanata l'ordinanza di non conciliazione, che corrisponde, quindi, alla data di dissoluzione della comunione (salvo eccezioni). Tuttavia, il giudice può, su richiesta di uno dei coniugi, fissare questa data al giorno in cui gli sposi hanno cessato di coabitare e collaborare. La domanda, in questo senso, deve essere formulata nel corpo della citazione.
La liquidazione del vostro regime matrimoniale implica il compimento di alcuni calcoli tra il valore dei beni di ogni parte, ripartiti in masse distinte.
Qualora non abbiate redatto un contratto prematrimoniale, vi trovate in regime legale di comunione. In questo caso, occorre determinare una massa dei beni appartenenti a ciascuno degli sposi e una massa comune e, infine, l'eventuale rimanenza sarà dovuta da uno a favore dell’altro.
I beni propri sono quelli acquisiti prima del matrimonio o ereditati durante il matrimonio. I beni comuni sono quelli acquisiti durante il matrimonio a nome dei due coniugi o a nome di uno solo dei due.
Attenzione: un bene acquisito durante il matrimonio, ma con dei fondi provenienti dalla vendita di un bene proprio, rimane un bene proprio.
Attenzione: un bene acquisito durante il matrimonio e pagato da uno solo dei coniugi rimane un bene comune. In effetti, la legge prevede che ciascuno degli sposi debba contribuire alla vita comune in funzione delle sue possibilità.
Nel caso in cui la moglie non abbia mai lavorato, i beni acquisiti durante il matrimonio le apparterranno in ragione della metà, anche se non ha contribuito al loro acquisto (si ritiene che questa abbia contribuito attraverso la sua attività presso il domicilio).
Attenzione: l’assicurazione sulla vita, i libretti di risparmio e gli altri valori mobili costituiti durante il matrimonio sono comuni, anche se sono stati costituiti attraverso il salario di uno dei coniugi e a suo unico nome.
Ciascuno dei coniugi ha dunque diritto alla metà dei beni comuni, se uno dei due mantiene un bene comune, dovrà pagare all’altro un conguaglio. Si tratta di una somma di denaro il cui totale equivale al valore della metà del bene.
È a partire da questo momento che sarà possibile calcolare la prestazione compensatoria.
Se la prestazione compensatoria è superiore al conguaglio, sarà necessario il pagamento di un capitale complementare o di una rendita.
Altro caso particolare: durante il matrimonio uno dei due coniugi testa dell’esame per un bene proprio dell’altro.
Prima di tutto, poiché i pagamenti effettuati durante il matrimonio si considerano effettuati per la comunione, il coniuge proprietario del bene proprio che abbia beneficiato dei versamenti in questione dovrà restituire alla comunione, nel quadro della liquidazione del regime matrimoniale, una somma calcolata in funzione del beneficio che ne ha avuto.
In questo caso la liquidazione del regime matrimoniale non è soggetta agli stessi calcoli. In effetti, la liquidazione del regime matrimoniale consiste nel distinguere i beni propri (quelli ereditati o acquisiti a nome di uno dei due coniugi prima e durante il matrimonio), e i beni comuni (quelli acquisiti insieme, a nome dei due coniugi durante il matrimonio).
I beni propri ereditati o acquisiti da uno solo dei coniugi non pongono difficoltà. Le assicurazioni sulla vita, i libretti di risparmio e tutti gli altri valori mobili, costituiti durante il matrimonio a nome di uno solo dei coniugi, appartengono a quest’ultimo in proprio e non devono essere divisi. I beni propri a questi durante il matrimonio a nome di uno solo dei coniugi, ma pagati dall’altro, daranno luogo a dei rimborsi da parte del beneficiario.
Non si tratterà di un rimborso in senso stretto, ma di una somma calcolata in applicazione della regola detta del “vantaggio residuale” (il totale della ricompensa non potrà essere inferiore a quello che il coniuge ha pagato per l’altro, ma potrà essere superiore se i pagamenti hanno avuto l’effetto di far aumentare il valore del bene).
Attenzione: il fatto che uno dei coniugi abbia pagato durante il matrimonio un bene che avete acquistato a vostro nome, o il fatto che uno dei coniugi abbia alimentato l’assicurazione sulla vita, non incide sul regime di questo bene o di quest’assicurazione sulla vita. Sia il bene, che l’assicurazione sulla vita rimangono vostre. Tuttavia, dovrete risarcire l’altro coniuge (come sopra indicato).
I beni comuni sono quelli che sono stati comprati durante il matrimonio a nome dei due coniugi. Questo regime si applica ugualmente alle assicurazioni sulla vita a nome dei figli minori e ai valori mobili, come i libretti di risparmio a nome dei due coniugi.
I beni comuni dovranno essere divisi in funzione di quello che viene indicato nell’atto di acquisizione: questo può prevedere una ripartizione per metà o iniqua.
Ancora, delle somme possono essere dovute da uno degli sposi all’altro, al momento della liquidazione del regime matrimoniale, se uno ha pagato la parte dell’altro. Lo sposo beneficiario non dovrà rimborsare l’altro, ma dovrà versare ciò che questi avrà pagato, secondo le regole della comunione. La liquidazione del vostro regime matrimoniale può dunque essere onerosa. È importante conoscere i vostri diritti.
Prevista dall’articolo 270 del Codice civile, la prestazione compensatoria è destinata a compensare, per quanto è possibile, la disparità che la rottura del matrimonio genera nelle rispettive condizioni di vita dei coniugi. Questa prestazione ha carattere forfettario e prende la forma di un capitale. Il suo totale è fissato dal giudice.
Tuttavia, il giudice può rifiutare di concedere una tale prestazione se la misura contravviene all’ordine pubblico o se l’equità lo impone. Il giudice prenderà in considerazione, quindi, numerosi criteri per stabilire se la rottura del vincolo matrimoniale ha creato una disparità tra gli sposi.
La prestazione compensatoria deve essere distinta dall’assegno di mantenimento, il quale è un aiuto finanziario versato per far fronte ai bisogni dello sposo nel quadro dell’obbligo di assistenza. L’ assegno di mantenimento è dovuto solo durante la procedura di divorzio fintantoché la prestazione compensatoria non venga versata.
La domanda volta ad ottenere la prestazione compensatoria deve essere formulata durante la procedura di divorzio e produrrà effetti dal momento in cui il divorzio viene pronunciato dal giudice. Nel quadro di un divorzio consensuale si tratterà di una prestazione compensatoria convenzionale. Questa offre una grande libertà ai coniugi, come la possibilità di fissare il totale così come le modalità di pagamento.
La determinazione della prestazione compensatoria in assenza di accordo tra i coniugi è affidata all’apprezzamento del giudice, che stabilisce se il divorzio fa trasparire una disparità nelle condizioni di vita degli sposi.
Nel caso, dovrà misurare questa disparità. La prestazione compensatoria è fissata secondo i bisogni del coniuge beneficiario e le risorse dell’altro, in considerazione della loro rispettiva situazione al momento del divorzio e della sua prevedibile evoluzione.
Su questo punto, il giudice prende in considerazione:
In principio, l’esistenza e l’ampiezza di una eventuale disparità sono apprezzate dal giudice alla data in cui viene pronunciato il divorzio. Per esempio, la breve durata del matrimonio può dar luogo ad un rigetto. Il giudice può ugualmente rifiutare la prestazione compensatoria al coniuge colpevole. In effetti, il giudice non prescinde dalle colpe che sono all’origine della rottura del vincolo matrimoniale.
In vista della valutazione di un'eventuale prestazione compensatoria, i coniugi devono fornire una dichiarazione sull’onore attraverso la quale certificano l’esattezza delle loro risorse, dei redditi e dei rispettivi patrimoni.
Il giudice deve, quindi, prendere in considerazione il patrimonio degli sposi, sia in capitale, che in redditi e deve comparare le risorse e le spese di ogni coniuge per determinare se esiste una disparità economica e sociale tra i due.
Il giudice può dunque prendere in considerazione l’insieme dei redditi dei coniugi:
Per quanto riguarda il capitale, il giudice tiene conto dei beni mobili e immobili, dei fondi e delle somme di denaro detenute dai coniugi.
Tuttavia, alcune risorse sono escluse dalla base di calcolo: è il caso delle somme versate a titolo di indennizzo degli incidenti di lavoro e delle somme versate a titolo di diritto di compensazione di un handicap (la Corte di Cassazione esclude da questa definizione le indennità versate agli adulti disabilii, considerando che si tratta di una prestazione di assistenza destinata a garantire un minimo di reddito e non a compensare un handicap).
Gli assegni familiari e quello di mantenimento, volti a contribuire al mantenimento e all’educazione dei figli, non sono presi in conto nella fissazione della prestazione compensatoria.
Il giudice deve esaminare le cause di disparità. Prenderà in conto le attività degli sposi durante il matrimonio e soprattutto le conseguenze delle loro scelte professionali. Per esempio, il giudice terrà conto della scelta di uno dei coniugi di essere rimasto a casa per occuparsi dei figli, di aver collaborato senza essere remunerato, di aver contribuito all’attività professionale dell’altro, d’aver messo tra parentesi la sua carriera professionale per seguire l’altro coniuge.
Inoltre, il giudice si interessa alla durata del matrimonio. Più il matrimonio ha avuto lunga durata, più gli sposi avranno contribuito finanziariamente allo sviluppo della vita comune e più sarà difficile ritrovare un' autonomia finanziaria.
Il pagamento della prestazione compensatoria può avvenire in diverse maniere:
La fiscalità della prestazione compensatoria dipende dalla sua forma: